Ferrari e Mondiale F1 2022 – Non è più una questione di vincere, ma di come andare avanti

Ferrari, Miami GP

Non è più una questione di vincere, ma di come andare avanti. Per la Ferrari, questa è la sintesi del Mondiale 2022, quali che siano i risultati che verranno o le interpretazioni del suo andamento che si vorranno preferire.

La matematica non ci condanna, dobbiamo migliorare, abbiamo voglia e determinazione, stiamo lavorando tutti, ci crediamo. Nessuno mette in dubbio l’abnegazione o la buona fede di chi indossa la casacca rossa, ma la retorica del “ce la faremo contro tutto e tutti” è diventata stucchevole e rappresenta un modo molto poco degno di sviare l’attenzione del tifoso e dell’appassionato dall’immenso spreco – di risorse, occasioni e talento – che la Scuderia ha perpetrato. Questo è un campionato sportivo della massima serie dell’automobilismo, gli avversari ci sono sempre stati e sono sempre stati agguerriti, quindi vincere non è mai facile, per nessuno; la Ferrari, però, ha acuito le difficoltà oggettive della competizione con problemi legati all’affidabilità, alla gestione delle condizioni di gara e alle performance dei piloti, sommando i propri – evidenti – demeriti ai meriti innegabili dei principali opponenti, Red Bull in primis ma anche Mercedes.

Questo sistematico dilapidare va in scena da anni, oramai, anno dopo anno, almeno dal 2008, ma certamente risulta drammaticamente evidente in una stagione come questa, nella quale la Ferrari poteva contare, oltre che su un’ottima coppia di piloti,  su una monoposto finalmente valida, potendo, altresì, approfittare dell’incerto procedere di alcuni dei principali attori del Circus iridato: non solo la Mercedes, ma anche altre scuderie come McLaren e Alpha Tauri – per non parlare di Aston Martin e Alpine – le quali hanno dato segni di involuzione rispetto al trend delle stagioni precedenti. Era dura guardare gli altri vincere gare e prendere punti quando si aveva sotto mano una SF1000, nata già irrimediabilmente involuta, ma mai quanto lo è avendo una F1-75 che se la gioca alla pari con i migliori e ha margini di miglioramento. Si passa dal perdere gare a perdere campionati, dall’inciampare sul primo gradino rispetto al cadere dalla cima di una scala: cadi ugualmente, ma il tonfo si sente a distanza e ti fai molto male.

Aver prestato il fianco alle critiche della quasi totalità della stampa, oltre a essere diventati il bersaglio prediletto di meme e prese in giro molto poco velate in rete, in una stagione che poteva rappresentare finalmente la svolta tanto agognata e poteva regalarci ancora un campionato emozionante e combattuto fino alla fine è inaccettabile. Ma non solo per me, piccola signora nessuno che scrive dalla sua terrazza nella provincia denuclearizzata italiana, ma per la Ferrari soprattutto. Da quando la Scuderia che ha per motto “la migliore Ferrari è la prossima” si accontenta – no, anzi: si permette – di affermare di essere soddisfatta del lavoro svolto finora, trovandosi a -80 dal vertice della classifica piloti e con il secondo posto nella classifica costruttori più precario ogni gara che passa?

Se vuoi vincere in Formula Uno, devi partire dal presupposto che dovrai restare al vertice per anni. Ciò è possibile costruendo un gruppo coeso sì, ma soprattutto capace, perchè la realtà non cambia appellandosi alla sola passione, sventolando grandi bandiere; inoltre, bisogna smettere di guardare al passato, come se una tradizione nobile e un impressionante palmarés potessero bastare per attrarre altre vittorie e aprire altri cicli. Basta vagheggiare i tempi di Michael Schumacher, basta richiedere l’intervento di questo o quel taumaturgo dei bei tempi – che sia Brawn o Todt – perchè putroppo quei tempi sono trascorsi e gli avvicendamenti sono necessari. La Ferrari ha avuto anni, decenni per allevare nuove leve, per sviluppare nuove competenze o per integrare professionalità provenienti da altre realtà nella propria per mettersi in condizione di affrontare le sfide tecnologiche e sportive cui andava incontro. Mentre la Red Bull creava dal nulla un’organizzazione stabile e implacabile, capace perfino di resuscitare le power unit Honda, mi chiedo: cos’è successo alla più blasonata Scuderia della Formula Uno – l’unica con la S maiuscola?

Non invidio chi, prima o poi dovrà mettere mano alla questione. Ora che non si può più parlare di vittoria, credo che, da parte della Ferrari, debba essere fatta chiarezza  su come si intenda andare avanti, in nome anche del patto che da oltre novant’anni lega la Scuderia di Maranello al suo popolo rosso.

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