Verstappen, il pilota dai piedi d’oro e una generazione di fenomeni

Max Versappen seduto, stremato e boccheggiante a fine gara. Questa è la cartolina che ci portiamo a casa al termine del GP di Miami, il primo nella storia della Formula 1.

Max Verstappne, Miami - (Photo by Mark Thompson/Getty Images)

Max Verstappne, Miami – (Photo by Mark Thompson/Getty Images)

L’olandese volante, il campione in carica, con quell’espressione da bullotto del quartiere sfigurata dalla stanchezza. Il volto riverso sulle braccia e le scarpette dorate a coprire piedi altrettanto dorati, espressione ultima dell’argento vivo che pervade il talento di questo ragazzo.

Quella di Max a Miami è una vittoria dominante, di raro spessore. Partire terzo, dietro le due Rosse e ribaltare ogni pronostico, non era un’operazione scontata. Domare l’indomito talento di Leclerc, lo era ancora di meno.

Lui, Charles, nel retro podio, con la bottiglia d’acqua incollata alle labbra e i segni sul volto di quei 57 giri corsi nei 30 gradi del forno di Miami. Negli occhi un mix di emozioni: la consapevolezza del buon piazzamento, la tranquillità data da quel primo posto in classifica, ma al contempo, la sensazione che il vento stia girando improvvisamente verso Milton Keynes, a favore RB 18.

Nemmeno la Safety Car, questa volta a favore del monegasco, è riuscita a rimescolare le carte in testa al gruppo. Ci teneva Charles, ci sperava la Ferrari, dopo il flop di fronte alla marea rossa di Imola, sarebbe stato bello portare a casa la vittoria, per il mondiale, per Gilles, a 40 anni dalla sua scomparsa (come sottolineato nel pre gara anche da Lapo Elkann).

Il campionato ormai è cosa loro.
Fuori i secondi, Sainz e Perez, che rimangono in lizza per l’Oscar come miglior attore non protagonista, anche se il loro ruolo risulterà decisivo per le sorti del mondiale.
Fuori i terzi, ovvero Mercedes, sempre più terza forza del mondiale sì, ma troppo lontana per saldare il gap dalle prime due.

Anche a Brackley però, brilla un talento, quello di George Russell. Altro protagonista della “golden generation” di questa Formula 1.
L’azzardo della Mercedes di montare la gomma Hard a inizio gara e aspettare l’intervento di un’ipotetica Safety Car, per risparmiare tempo sul pit stop, ha pagato. Russell partiva dodicesimo, ha chiuso quinto, ancora davanti a Lewis.
Fortuna, certo, ma anche qualità. George sembra un veterano: umiltà, sacrificio, gestione della gomma e quella pazienza che al suo compagno di scuderia, sembra ormai mancare.

Poi c’è Alex Albon, arrivato nono, ancora una volta a punti, dopo Melbourne, con la vettura meno prestazionale del paddock.
La Williams numero 23, decima forza del mondiale, non è mai scesa quest’anno sotto la 14esima posizione. Tanta dedizione e tanta costanza per l’ex Red Bull, che è stato capace di portare punti veramente insperati al team di Grove.

E perché non citare anche Ocon: partito la domenica dal fondo della griglia – a conseguenza di un duro incidente occorsogli durante le FP3, che gli ha impedito di disputare le qualificheè arrivato ottavo al traguardo. Battendo, una volta ancora a fari spenti, l’infinito Fernando Alonso.

L’unica certezza che ci portiamo a casa da questa primavera del mondiale 2022 è che non stanno sbocciando i fiori, bensì maturando i frutti, di quei talenti mai acerbi, che oggi più che mai, appaiono pronti a prendersi le luci della ribalta nell’universo della Formula1.

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