L’industria automobilistica si è contratta nel 2018 per la prima volta dalla crisi finanziaria.
E le prospettive nel medio termine restano deboli, con i costruttori alle prese con sfide tecnologiche e non che richiedono una modifica dei modelli di business. Lo afferma il Fmi, sottolineando che a pagare le conseguenze dello stop del settore delle quattro ruote è l’economia globale visto il peso del comparto, che rappresenta il 5,7% delle produzione mondiale e l’8% delle esportazioni. Il rallentamento dell’industria dell’auto è legato all’abolizione degli sgravi per le auto in Cina e le norme europee sulle emissioni sono i due ‘fattori’ alla base della frenata del settore. E proprio gli sforzi per ridurre le emissioni saranno quelli che caratterizzeranno le prospettive di medio termine. “E’ atteso un aumento significativo degli investimenti nella produzione di veicoli elettrici o alternativi nel medio termine, soprattutto in Europa” spiega il Fondo, osservando comunque come i prezzi delle vetture elettriche o alternative sono più alti di quelli tradizionali e questo potrebbe limitare la domanda. “Di conseguenza i costruttori si trovano di fronte e sfide che richiedono modifiche al modello di business che vanno al di là delle sole riconfigurazioni tecnologiche” aggiungono gli esperti di Washington.
Durante il 2018 la produzione di auto si è contratta dell’1,7%, mentre le vendite sono calate a livello mondiale del 3%. Solo in Cina, il mercato maggiore al mondo, la produzione è scesa del 4%, in quello che è stato il primo calo in più di 20 anni. “Forti cali delle immatricolazioni si sono registrati” lo scorso anno in “Germania, Italia e Gran Bretagna”: il rallentamento dell’industria è stato un “fattore importante” nella frenata dell’economia globale.